sabato 16 febbraio 2013

Pluralità di crediti e pignoramenti: ecco cosa accade se concorrono più pignoramenti su uno stesso stipendio

C'è chi fa debiti per necessità, chi per leggerezza, chi per vizio. Solo il primo, di solito, li paga” diceva Roberto Gervaso nel 1983[1].
Oggi, in realtà, il legislatore mette a disposizione dei creditori la possibilità di pignorare lo stipendio del debitore per ottenere il pagamento dei propri crediti piuttosto agevolmente, qualunque sia il motivo per cui sono nati.

L'esigenza del creditore di veder pagato il proprio credito, tuttavia, si scontra con l'esigenza costituzionalmente protetta del debitore e della sua famiglia di mantenere grazie al proprio stipendio un'esistenza libera e dignitosa [2].
Per questa ragione il legislatore ha introdotto nel codice di procedura civile l'articolo 545 che elenca i casi in cui lo stipendio è pignorabile [3].

In particolare l'art. 545 cod. proc. civ. prevede che lo stipendio possa essere pignorato solo se vi sono a) crediti alimentari nella misura autorizzata dal tribunale o dal giudice delegato, b) tributi dovuti allo Stato, province e comuni, c) per ogni altro credito.

L'articolo è chiaro nell'indicare che quando vi è uno solo di questi crediti lo stipendio può essere pignorato nella misura di un quinto, quindi, concretamente, se lo stipendio é di € 1.000, la somma pignorabile é di € 200.

Diverso é quando concorrono due o più crediti.

In questo caso bisogna innanzi tutto distinguere se i crediti derivano o meno dalla stessa causa.
Infatti se siamo in presenza di crediti che derivano da cause diverse, ad esempio un credito alimentare (il padre che non paga gli alimenti al figlio naturale) e un credito derivante da un tributo non pagato (una tassa provinciale), l'art. 545 cod. proc. civ. consente ai creditori di pignorare simultaneamente lo stipendio del debitore, ma non oltre la metà del suo importo [4].
Riprendendo l'esempio di prima su uno stipendio di€ 1.000 i creditori potranno pignorare fino a un massimo di € 500.

Se, invece, vi sono più crediti che derivano dalla stessa causa (ad esempio un credito derivante dal non aver pagato un tributo statale e un credito derivante dal non aver pagato un diverso tributo comunale) i creditori non potranno pignorare simultaneamente lo stipendio del debitore oltre la misura del quinto [5].
Quindi, il primo creditore che otterrà il pignoramento potrà soddisfarsi pignorando un quinto dello stipendio e solo dopo l'estinzione di questo debito, il secondo creditore potrà procedere pignorando a sua volta un quinto dello stipendio del debitore.

Le poche pronunce giurisprudenziali sul tema hanno confermato che, in presenza di crediti derivanti da cause diverse (esempio: un credito alimentare e un credito erariale) è ammissibile il concorso anche nel caso in cui il debitore abbia dapprima ceduto volontariamente la quinta parte dello stipendio. In questo caso é legittimo il successivo pignoramento di pari valore purché la somma dei due non superi la metà dello stipendio del debitore [6].

In conclusione, quindi, lo stipendio può essere pignorato per una somma superiore al quinto e fino alla metà del suo importo solo nel caso in cui concorrono crediti derivanti da cause diverse e non nel caso in cui vi è una pluralità di crediti derivanti dalla stessa causa. In tale caso il secondo creditore potrà soddisfarsi solo dopo l'estinzione del primo debito sempre attraverso il pignoramento di un quinto dello stipendio, e così via per gli ulteriori creditori.

[1] Roberto Gervaso, Il grillo parlante, 1983
[2] Art. 36 Costituzione della Repubblica Italiana
[3] Così come sostituito dall’art. 1 D.L. 10 dicembre 1947 n. 1548
[4] Cass. 24 maggio 1995, n. 5692
[5] Pretura di Modena 29.10.1997 in Giust. civ., 1998, I, 2018
[6] Cass. 22 aprile 1995, n. 4584, Foro it., 1996, I, 3770

Pignoramento del conto corrente bancario: obblighi e ruolo dell'istituto bancario dalla data del pignoramento all'udienza di dichiarazione del terzo.

L'istituto di credito una volta ricevuta la notifica dell'atto di pignoramento di un conto corrente rende indisponibile la somma ivi depositata ed è chiamato a rendere dichiarazione della somma di cui è debitore o di cui è in possesso modificando o rettificando tale dichiarazione nel caso in cui la situazione contabile differisca dall'effettiva disponibilità

La maggior parte di noi ha acceso almeno un conto corrente bancario che può essere pignorato nel caso in cui non riuscissimo a pagare un nostro debito. Questo pignoramento coinvolge oltre che al debitore e al creditore anche un altro soggetto, l'istituo bancario.

Avere un conto corrente significa, infatti, sottoscrivere un contratto di deposito bancario con una banca la quale acquista la proprietà della somma depositata ed ha l'obbligo di restituirla a richiesta del correntista[1], questo rapporto bilaterale tra correntista e banca può assumere rilevo nei procedimenti di esecuzione forzata.
L'istituto bancario, dal momento che riceve la notifica dell'atto di pignoramento, entra in gioco come soggetto terzo rispetto al creditore e debitore originario sul quale gravano specifici obblighi (anche se non diventa parte processuale [2]).

La banca, in questi casi, da un lato ha l'obbligo di custodire le somme pignorate (il che significa che l'istituto non può disporre delle somme presenti sul conto senza ordine del Giudice né può sottrarle all'azione del creditore) e da altro lato, di specificare le somme di cui è debitrice o di cui si trova in possesso [3].

Questa dichiarazione in genere avviene nell'ambito di una udienza specifica, ma ci sono delle eccezioni.
La prima prevede che la dichiarazione possa essere fatta essere fatta anche prima dell'udienza, attraverso una raccomandata a/r.
La seconda, invece, si verifica quando all'udienza fissata per la dichiarazione del terzo, quest'ultimo dichiari di non avere alcun legame con il debitore da cui possano nascere degli obblighi verso il creditore procedente. In questo caso se il Giudice accerta l'obbligo del terzo [4], la banca dovrà rendere la dichiarazione al momento della pronuncia della sentenza di accertamento [5].

E' facile, però, capire che quando si decide di pignorare un conto corrente sorgono alcuni problemi legati all'effettiva disponibilità da parte della banca della somma dichiarata.
Pensiamo, ad esempio, al caso in cui il correntista incassi un assegno bancario: tale assegno viene subito contabilizzato dall'istituto ma per sapere se la somma riportata è realmente disponibile bisognerà attendere i tempi tecnici necessari alla banca per verificare che l'assegno non sia insoluto [6]. Se l'assegno non viene pagato, infatti, la somma contabilizzata non risulterà effettivamente disponibile e quindi non pignorabile.
In questi casi se la banca ha già dichiarato la somma pignorabile includendo degli assegni contabilizzati che poi non sono stati pagati, potrà modificare o correggere la propria dichiarazione [7].

Può anche accadere che le somme dichiarate dalla banca e assoggettate a pignoramento vengano poi incrementate da ulteriori somme, in questo caso la banca ha 'obbligo di accantonare gli incrementi fino al raggiungimento dell'ammontare del credito azionato.

In conclusione, quindi, la banca, una volta ricevuta la notifica dell'atto di pignoramento di un conto corrente lo vincola rendendo le somme indisponibili per il correntista fino alla fine del procedimento che, in genere, si verifica quando il Giudice assegna la somma al creditore.



[1] Art. 1834 Cod. civ.
[2] C. Cass. n. 9407 del 18.12.1987
[3] Art. 547 Cod. proc. civ.
[4] Artt. 548 e 549 Cod. proc. civ.
[5] C. Cass. 15615 del 26.07.2005.
[6] Art. 1360 Cod. civ.
[7] C. Cass. n. 3958/2007